Credo che in tanti siano ormai stanchi di sentire giornalmente parlare di Salvini e il Covid, dello stipendio di Tridico, del reddito di cittadinanza o del recovery fund.

Essendo un appassionato di politica estera, oggi ho deciso di portarvi a qualche migliaio di kilometri dall’Italia e più precisamente al confine tra Armenia e Azerbaijan. Una vera e propria guerra sta avvenendo negli ultimi giorni nella regione montuosa del Nagorno-Karabakh. Questo lembo di terra appartiene formalmente all’Azerbaijan ma in realtà è controllato da minoranze etniche armene a partire dal 1994, dopo una cruenta guerra costata migliaia di vite e milioni di sfollamenti.

Lunedi scorso, le autorità hanno riportato la notizia di circa 20 militari uccisi nella regione. Da lì in poi è partita una reciproca accusa tra i due Stati coinvolti su chi avesse innescato per primo il nuovo conflitto, sancendo quindi una rottura della fragile pace che era stata stipulata nei precedenti anni.

Il conflitto non è da intendersi però solo come una mera contesa regionale riguardante due Paesi esteri dalla ridotta rilevanza internazionale. Infatti, molte superpotenze sono coinvolte nella diatriba. La ragione è molto semplice: nel Nagorno-Karabakh sono situati alcuni tra i più importanti gasdotti e oleodotti che collegano la Russia, l’Europa e il Medio Oriente.

Turchia, Russia e Iran sono i tre Stati che più seguono e plasmano con trepidazione la situazione nella regione armeno-azera. La Turchia di Erdogan ha appoggiato l’Azerbaijan inviando truppe di supporto. L’intento è di allargare l’influenza turca su una vasta parte di quei territori e come fatto in Libia, ottenere il controllo dei gasdotti e oleodotti e quindi un maggior potere negoziale con le altre potenze europee. All’opposto, la Russia supporta l’Armenia nell’ombra avendo importanti basi militari nel Paese ma allo stesso tempo nutrendo buoni rapporti con l’Azerbaijan. L’Iran teme la destabilizzazione dell’area e si è offerta come mediatrice con lo scopo di rivestire il ruolo di Stato leader e paciere nel Medio-Oriente.

Impegnati a parlare di Russia, USA e Cina, tutti stanno perdendo di vista l’indisturbato Erdogan che da vero sultano estende la sua influenza militare, politica ed economica in Africa, Medio-Oriente e Eurasia.

Carlo Giannone

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