Come ben sappiamo nei giorni scorsi si è consumata una ulteriore crisi di governo. Questa volta i protagonisti sono Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle e Mario Draghi, Presidente del Consiglio dei Ministri. In breve cercheremo di capire le motivazioni e sopratutto come potrebbe evolvere la situazione. Per capire il contesto dobbiamo innanzitutto dire che le dimissioni del premier Draghi (rifiutate dal Presidente della Repubblica) sono una conseguenza al mancato voto di fiducia sul decreto Aiuti da parte dei pentastellati. Il decreto Aiuti al Movimento non piace e per questo i senatori pentastellati sono usciti dall’aula al momento della “chiama”. All’interno di questo decreto è contenuta una norma che concede poteri straordinari al sindaco di Roma in materia di rifiuti; più nel merito, si ha maggiore possibilità nel realizzare un termovalorizzatore. Oltre questa motivazione, si ha anche una “non simpatia” umana e politica da parte dell’ex premier Conte per il premier Mario Draghi, accentuata nel corso dell’ultima corsa al Colle (Conte ha fatto di tutto per non fare diventare Draghi Presidente della Repubblica) ed anche con la scissione da parte di Luigi Di Maio (che ha creato un nuovo gruppo parlamentare). Come si diceva sopra, Mattarella ha rifiutato le dimissioni di Draghi e la partita si giocherà mercoledì in Parlamento. La situazione è molto complessa e risulta interessante notare come anche gli addetti ai lavori più “scettici” inizino a pensare che questa legislatura possa finire prima (il termine naturale sarebbe il prossimo marzo). Certamente non abbiamo la palla di cristallo, ma risulta interessante interrogarsi su come la legge elettorale ed il taglio dei parlamentari possano far variare gli equilibri parlamentari e dunque la futura formazione del governo. Con l’attuale Rosatellum, per la parte maggioritaria, si avranno 221 collegi uninominali (147 alla Camera e 74 al Senato); questo vuol dire che Meloni e Salvini da un lato e Conte e Letta dall’altro dovranno spartirsi i vari collegi uninominali. Questo è intuitivo, considerando che in un contesto così frastagliato e litigioso fare un accordo di coalizione pre-elettorale per i collegi uninominali risulti davvero molto complesso. Molti addetti ai lavori sostengono che la soluzione potrebbe essere rappresentata da un sistema proporzionale con premio di maggioranza con soglia di sbarramento “alta”; in effetti il premio di maggioranza è l’equivalente funzionale del collegio uninominale. Per completezza è interessante notare come in Italia si stia formando (per l’ennesima volta) un “terzo polo”, dove al proprio interno troviamo tante piccole formazioni politiche: chissà che Forza Italia non ne possa far parte, uscendo di conseguenza dal centro-destra. Queste ipotesi future, accennate solo velocemente e senza entrare nel merito, ci servono per capire quanto la partita sia complessa e di difficile comprensione. Staremo a vedere, con molta passione ed infinito interesse, ma è indubbio che, sopratutto in questa ultima legislatura, i valzer avuti hanno mostrato una pochezza politica senza precedenti.
