Letizia Battaglia © Shobha

Ci si pensa mai alle foto in bianco e nero? Siamo, da poco meno di cento anni, abituati a vedere nelle nostre cornici gli scatti più insoliti, i più preziosi, i più imprevedibili, a colori; o perlomeno con colori che verosimilmente si avvicinano alla realtà.

Con un passo nel passato e un occhio al presente bisognerebbe non dimenticare che le fotografie in bianco e nero hanno quel “nonsoché” di poetico, di storico, di vissuto. Hanno un potenziale nascosto: non danno nulla per scontato, ti lasciano immaginare tutti i colori dello scatto. Osservandole, pensi, rifletti, ti immergi, immagini, scopri, la loro dimensione. Nulla è del tutto dato, è uno scatto che continua a vivere in tanti mondi diversi quanti sono i suoi osservatori. Questo, è il loro fascino.  

Questa riflessione si intreccia inequivocabilmente con la storia di una nota fotografa, che ha fatto della passione per il bianco e nero, un lavoro a tutti gli effetti. Lei, Letizia Battaglia, palermitana, fotografa alla ricerca della libertà. “Rispetto e amo troppo la libertà, è per tutti sacra […] è stata una scelta di vita e una conquista, mi ha permesso di appartenere solo a me stessa.”

La sua è la storia di una piccola bambina che “trasformava in gioco” i bombardamenti. È la storia di una “signora di sedici anni” già sposata e con una figlia. È la storia di una donna che sceglie di scappare da un amore che la rinchiude in gabbia: “Eravamo sbagliati insieme, troppo distanti nella nostra idea di amore, le nostre anime parlavano una lingua incomprensibile l’una all’altra”. È la storia di una donna che usciva di casa la notte per esplorare in vespa la bella Palermo. È la storia di chi muore e rinasce più volte con la fotografia. È la storia di una donna che ha vissuto l’adolescenza e la maturità in una Palermo difficile, macchiata dal sangue di innocenti; una Terra alla ricerca del riscatto, un luogo idilliaco e al tempo stesso un inferno. È la storia di una donna impegnata in politica, da sempre, per restituire bellezza alla sua Sicilia, per lottare per i propri diritti di fotografa, di donna. È una storia di dolore e coraggio, di forza ed emancipazione.

Letizia Battaglia, anche nota come la fotografa di mafia.

Palermo è una contraddizione e ci si accorge di questo passeggiando tra le sue vie. Tutto dipende sempre dalla strada che si sceglie di imboccare: palazzi Liberty da una parte, costruzioni e cemento dall’altra. Sfarzo e ricchezza un momento prima, povertà e miseria un attimo dopo. È In questa contraddizione sfrenata che vive Letizia Battaglia. Dice nel suo scritto “volevo raccontare Palermo in particolare il divario di classe tra ricchi e poveri.”

La sua prima foto venne scattata per il giornale “l’Ora”, ritraeva una prostituta e ciò che più la colpì erano le sue lunghe e candide mani. Faceva “la fotografa per mantenersi e fermare in immagini quello che le suscitava rabbia, pietà, amore e bellezza.” È in questo contesto che si inseriscono gli scatti dei più terribili ed efferati omicidi di mafia. La sua fotografia rappresenta un possente grido di denuncia contro la corruzione politica, la decadenza morale, l’indifferenza, l’omertà della Sicilia del tempo.

La vita è fatta di scelte e di strade da imboccare. Se quel 6 gennaio 1980 Letizia non si fosse trovata in Via Libertà, se non avesse avuto la sua Pentax K1000 con sé, se non avesse avuto il coraggio di catturare (inconsapevolmente) uno dei momenti più tragici della storia della Trinacria e se si fosse fermata lontano dalle urla e dai pianti di chi si trovava lì, oggi non avremmo avuto uno dei suoi scatti più famosi e più dolorosi: la foto ritraente il corpo dell’allora Presidente della Regione Siciliana, Piersanti Mattarella.

Leggendo di lei, della sua vita disordinata, travagliata, tormentata, fatta di dolore ma anche di gioia e soddisfazione, ci si ferma un attimo sentendosi pieni. Pieni, di quella forza e coraggio che l’hanno contraddistinta fino alla fine dei suoi giorni, pieni della schiettezza con cui affrontato le tante difficoltà ma anche chi le ha messo più volte “i bastoni tra le ruote” (una reporter al suo tempo era un’eccezione, il suo mondo era pieno di uomini, il più delle volte ingiustamente presuntuosi), pieni di generosità, (“è l’unica qualità che mi riconosco, ho il piacere di donare e non solo alle persone che mi sono vicine. Io sono e sono stata generosa nell’attraversare la vita, mi tolgo sempre per dare agli altri.”)

Letizia Battaglia ha donato a tutti noi un senso di tensione: verso gli altri, verso la vita, verso la libertà. Il bianco e nero delle sue foto, parla: ci racconta di sé e delle strade più impervie imboccate nella sua esistenza. I suoi scatti, come pezzi di un puzzle, ci restituiscono importanti tappe storiche, la vita di un popolo, le contraddizioni del suo tempo. C’è una strana magia che si crea tra lo scatto, il vissuto della fotografa e l’osservatore: si rischia di rimanere intrappolati in una dimensione che ha tanto di umano, terreno e concreto, soprattutto se a parlare sono fatti e persone non poi così distanti da noi.

Letizia Battaglia muore il 13 aprile 2022. Continua a vivere con le sue foto, con le sue idee, con il suo essere all’interno di questa società, per la quale sognava un cambiamento drastico. Il suo era un messaggio chiaro: “voglio dire a queste giovani creature che ci ho provato, che ci abbiamo provato in più persone a eliminare lo sporco dalla nostra terra. Non ci sono riuscita, ma voglio che lo sappiano, che ci ho provato ogni giorno della mia vita.”

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