Secondo i dati del MISE, l’Italia ha importato nel 2019 71 miliardi di metri cubi (mc) di gas naturale su un consumo totale di 74miliardi di mc. Nel 2021, abbiamo importato 72 miliardi su 76 di consumo totale. Per il 2021 viene specificato che si tratta di “dati provvisori”, ma la dipendenza italiana dalle importazioni estere appare più che evidente. In altri termini, il 90/95% del gas naturale che utilizziamo in Italia proviene dall’estero. Come Paese abbiamo estratto nel 2021 3,3 miliardi di mc dai nostri giacimenti, poco più del 4% del consumo totale.
Prima di scendere nel dettaglio, è meglio analizzare da dove proviene la maggior parte del gas che importiamo: il 40% del gas importato proviene dalla Russia, a seguire l’Algeria (29%), Azerbaijan (9,5%), Qatar (9%), secondo esportatore globale di gas naturale liquefatto (o GNL), Libia (4,2%), Nord Europa (2,9%), comprendente Paesi Bassi e Norvegia.
I motivi per i quali se ne sta parlando nuovamente sono scontati. La guerra in Ucraina ha fatto volare i prezzi della benzina e del gasolio, già alti a causa della ripresa economica post-pandemia, e il pericolo che la Russia, come ha già fatto durante altre crisi (per esempio nel 2006 sempre in Ucraina), blocchi le forniture di gas all’Europa è sempre più imminente. L’Unione Europea sta cercando di correre ai ripari e l’Italia è in prima linea per nuovi accordi con Algeria e Qatar per maggiori forniture. È notizia di alcune settimane fa di un incontro del Ministro degli Esteri Di Maio con il suo omologo algerino, Ramtane Lamamra, e il Ministro dell’Energia e delle Miniere, Mohamed Arkab per un rafforzamento del partenariato bilaterale tra Italia e Algeria nel settore degli approvvigionamenti energetici con l’obiettivo di far fronte alle esigenze di sicurezza energetica europea. Nella delegazione erano presenti anche l’Ad di Eni Descalzi e il rappresentante del Ministero della transizione ecologica Cingolani. Mentre il 5 marzo c’è stata una conversazione telefonica tra il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, e l’emiro del Qatar, per approfondire il tema energetico in relazione a ciò che sta accadendo in Ucraina.
L’Unione Europea, in questo caso la Commissione Europea, ha pubblicato pochi giorni fa (8 marzo 2022) una serie di misure che potranno nel corso dell’anno diminuire la dipendenza europea dal gas russo di ben due terzi e azzerarla entro il 2030. REPowerEU, questo il nome del programma, cercherà di diversificare le forniture di gas, accelerare la diffusione dei gas rinnovabili e sostituire il gas nel riscaldamento e nella produzione di energia.
Ora dovete scusarmi ma arriva il bello (e per voi, forse, la parte noiosa): i dati.
L’Unione ha consumato nel 2019 quasi 445 miliardi di mc di gas naturale e nello stesso anno ha prodotto circa 65 miliardi di mc. Ha importato circa il 41.1% di gas dalla Russia. Ciò significa che abbiamo importato circa 150 miliardi di mc dalla Russia nel 2019. Nel 2020, per ovvi motivi, l’import è diminuito. Nel 2021, si è attestato intorno a 140 miliardi di mc. Sostituire tutto questo import non è e non sarà semplice. L’AIE ha pubblicato un piano in 10 punti grazie al quale l’UE potrebbe diminuire il suo import di gas di almeno 50 miliardi di mc entro l’anno. Si potrebbe fare molto di più utilizzando il carbone, si otterrebbe infatti una diminuzione di 80 miliardi di mc, ma non si rispetterebbero così gli obiettivi ambientali che l’UE si è data.
Cosa fare dunque?
Analizziamo la situazione europea e successivamente quella italiana.
Secondo l’AIE, l’Unione Europea potrebbe ridurre di 30 miliardi di mc l’import di gas russo soprattutto tramite accordi con altri Paesi fornitori, ovviamente tenendo conto della loro capacità produttiva. Un’accelerazione nel dispiegamento di energie rinnovabili (solare ed eolico) potrebbe portare ad una riduzione di ben 6 miliardi di mc, mentre massimizzare la generazione di energia da fonti a basse emissioni (nucleare e biometano) ridurrebbe i consumi di più del doppio, 13 miliardi di mc. Investimenti per l’efficienza energetica di immobili e industrie diminuirebbero di 2 miliardi di mc l’import di gas, mentre una semplice azione come abbassare i termostati nelle nostre case di 1° grado (da 22°, valore medio, a 21°) ridurrebbe la domanda di gas di circa 10 miliardi di metri cubi.
Correte ad abbassare i termostati, subito. Io, quest’anno in Germania, vivo benissimo con 20° gradi in media, anche meno. Potete fare lo stesso in Italia.
Il piano europeo prevede grossomodo le stesse cose.
Cito testualmente: “diversificare le forniture di gas, attraverso maggiori importazioni di GNL e gasdotti da fornitori non russi, e maggiori volumi di produzione e importazioni di biometano e idrogeno rinnovabile, ridurre più velocemente l’uso di combustibili fossili nelle nostre case, edifici, industrie e sistema energetico aumentando l’efficienza energetica, aumentando le energie rinnovabili e l’elettrificazione”.
La Commissione europea delega gli Stati membri a gestire questi problemi, salvo future cooperazioni europee in merito. Di conseguenza, ognuno si troverà ad affrontare la crisi in maniera diversa. La Germania, nonostante le critiche, non riaccenderà alcun reattore nucleare, ma aumenterà la produzione di carbone (è risaputo che il carbone sia una delle fonti più pulite in assoluto, al contrario del nucleare). Il governo ha inoltre già dichiarato di voler migliorare le infrastrutture per l’import di GNL e aumentare l’installazione di fonti rinnovabili. La Francia per quanto riguarda il suo settore elettrico si affiderà presumibilmente al nucleare e alle rinnovabili. E l’Italia?
L’Italia potrebbe non essere in questo momento quella messa peggio. Dico così perché tutti noi siamo abituati a dare addosso al nostro Paese quasi sempre (e mi includo nella lista delle persone che lo fanno), ma quando ci vuole, ci vuole.
La costruzione del TAP (Trans Adriatic Pipeline), un gasdotto che collega i giacimenti del Mar Caspio dell’Azerbaijan all’Italia, nonostante le proteste degli scorsi anni da parte di gruppi politici e ambientalisti (no, non farò nomi e cognomi), risulta strategica in questo periodo. Questo gasdotto è in grado di portare in Italia 10 miliardi di mc ogni anno, e si pensa che tramite nuove stazioni di compressione e nuove modifiche potrà raggiungere anche 15 o 20 miliardi di mc annui. Oltre al TAP, nuovi accordi possono essere fatti con l’Algeria e con la Libia. Già così si andrebbe a ridurre moltissimo la nostra dipendenza dalla Russia.
Oltre a questo, si potrebbero intensificare le importazioni di GNL con il già citato Qatar, ma anche con gli Stati Uniti. Il motivo per cui non viene importato già ora così tanto GNL è sì a causa della mancanza di infrastrutture adibite alla rigassificazione, ma anche a causa del costo. L’aumento dei prezzi però può rendere questa pratica più conveniente. Infine, vi è la possibilità di utilizzare le centrali a carbone e aumentare la produzione di gas italiano.
Questo è ciò che possiamo fare a breve e medio termine. Per quanto riguarda le soluzioni a lungo termine si dovrebbe fare un discorso a parte e avremo modo di approfondire tutto ciò. Quello che mi sento di dire ora è che si dovrebbe intavolare una discussione seria sulla situazione energetica italiana. Si dovrebbe rivalutare l’utilizzo di energia nucleare (Francia, Svizzera e Slovenia, paesi con cui confiniamo la utilizzano e noi importiamo) e investire pesantemente sulle energie rinnovabili e sull’idrogeno. Siamo un Paese che ha enormi potenzialità dal punto di vista ambientale e industriale. Dovremmo rendercene conto.