Partire. Da dove? Da cosa? Da chi?
Siamo circondati, immersi e sommersi da punti di partenza: il caffè la mattina, gli obiettivi da raggiungere, le faccende da svolgere.
Siamo noi a darci dei punti di partenza: la scelta della strada da imboccare, gli sguardi che decidiamo di incrociare, le pagine che diciamo di voler iniziare.
È la storia ad esser fatta di punti di partenza:” l’inizio di una nuova era”, l’avvio di una battaglia, il principio di una vittoria.
Siamo noi ad essere punti di partenza: per noi stessi, per gli altri.
Il caffè la mattina
Circa il 60% degli italiani beve un caffè al giorno, e con buone probabilità è possibile che sia quel “quid” per iniziare la giornata con il piede giusto.
A tutti sarà capitato di rovesciare sbadatamente una tazzina, ad altri di sporcarsi per distrazione e ad altri ancora di dover osservare una macchia di caffè!
Per le sue peculiarità una macchia si espande in lungo e in largo, fin dove può, senza limiti o confini. Una macchia con fatica va via e in quanto macchia corrompe quanto di più puro possa esserci.
Una macchia di caffè: la Mafia. Termine per la prima volta portato nell’opera teatrale di Giuseppe Rizzotto: “I mafiusi de la Vicaria.”, che non da lui venne coniato ma già assai diffuso tra i quartieri palermitani nel XIX secolo.
Cosa è la mafia? Anzi, cosa la mafia non è?
Non è solo i colpi di lupara, non è il “picciotto” di quartiere, non è il silenzio, la prepotenza e l’omertà. Perlomeno, non solo quello.
Simile ad una macchia di caffè: invasiva e pervasiva, in ogni ambito politico, sociale ed economico. Una macchia antica che si presenta con queste connotazioni già dagli anni immediatamente successivi all’Unità d’Italia. Una macchia scura, che stona, una nota fuori posto, un rumore in una melodia. Dice Felice Chilanti in un articolo pubblicato su “l’Ora” nel 1963: “Proprio dal contesto di regole che fanno la mafia una comunità primordiale, con tutte le crudeltà delle comunità primordiali, deriva la compattezza dell’organizzazione, la sua segretezza invincibile”.
Si presenta con caratteristiche simili nel tempo, nonostante la sua profonda e dinamica evoluzione: ha prima preso consapevolezza, nel frattempo vacillato e dopo riacquisito forza.
Se di punti di partenza si discute allora il vero punto di partenza dell’organizzazione criminale è l’omicidio dell’“uomo più pericoloso” per la stessa: Emanuele Notarbartolo, personalità di spicco nella Palermo bene di fine Ottocento. Fortemente impegnato in politica, viene eletto sindaco di Palermo nel 1874, la sua, si ricorda, come una delle amministrazioni più brillanti del capoluogo Siciliano. “Emanuele Notarbartolo”, scrive Vincenzo Ceruso, “è un illuminista in una terra in cui i lumi non hanno mai attecchito. Si inimica la mafia quasi subito, […] è tutto il suo governo della macchina comunale a esser segnato, semplicemente, dalla ricerca della buona amministrazione.
Mentre Van Gogh dipingeva i suoi girasoli, in Sicilia si progettava il primo grande omicidio di mafia.
Notarbartolo, rapito e poi ucciso nelle zone di Villabate, “uno dei tasselli fondamentali della geografia mafiosa”, in prossimità del feudo gestito da un ricco possidente palermitano: Raffaele Palizzolo, capo mafia del tempo, eletto deputato nazionale nel 1882, poi membro del consiglio di amministrazione del Banco di Sicilia e arrestato nel dicembre del 1899, come mandante dell’assassinio.
È una storia di intrecci fra mondo politico e sociale.
Non da ora, non da ieri si sente parlare di questo binomio inscindibile: mafia-politica, è un racconto che si tramanda da secoli fatto di concatenazioni di storie e faccende che danno origine ad un macchinoso groviglio da sciogliere, difficile, certamente, ma non impossibile. Grande è il numero delle storie di morti ammazzati per mano mafiosa, ancora più alto è il numero di rappresentanti dello stato, rappresentanti della “volontà popolare” avrebbe detto Rosseau, che hanno intrecciato il loro mestiere, così dignitoso, con tanto di sporco e corrotto. Non si può restare con le mani in mano, non si deve! Non si può essere indifferenti, non si deve!
E dunque, ogni giorno è un punto di partenza, nell’attività di scoperta, studio, impegno e dedizione, di ciò che ha reso e rende la nostra Sicilia, e l’Italia tutta, priva di quella bellezza, sinonimo di purezza che andiamo a ricercare quotidianamente, partendo non dall’oggi ma dalle origini, da dove tutto è iniziato, per capire chi sia il nemico contro cui ci si batte, contro cui molti, tanti, hanno perso la vita, hanno perso la battaglia. Perdita che è sinonimo di rigenerazione, che parte dall’interno, dal profondo del marcio, che scava sempre più nell’oscurità per dar luce, speranza, cambiamento, bellezza e purezza.